Giurisprudenza e approfondimenti

Mediazione obbligatoria non avviata nel temine assegnato né prima del giudizio di merito: quali conseguenze?

Su Norme & Tributi del Sole 24 Ore un articolo del presidente sulla mediazione, modalità semplice e poco costosa, per risolvere le vertenze, ma di cui si ha scarsa informazione.

Noi italiani siamo il popolo con più avvocati, 250 mila, oltre 4 avvocati ogni mille abitanti.

In Francia ce ne sono solo 60 mila.

La enorme quantità di avvocati è da imputare a varie ragioni: a) la scarsa cultura giuridica degli italiani b) la moltitudine di leggi c) la cattiva organizzazione della giustizia d) i privilegi di cui godono i giudici che rifiutano di sottoporsi alla misurazione della produttività, sino a pochi anni fa godevano di due mesi di ferie e non hanno un orario di lavoro.

In Italia si pensa vi siano 160.000 norme. In Francia, invece, sono 7.000, in Germania 5.500 e nel Regno Unito 3.000.

Quattro cose non sa il Padreterno: 1) quanti siano le congregazioni delle suore 2) quanti soldi abbiano i salesiani 3) cosa pensano i gesuiti 4 ) quante leggi ci sono in Italia.

Nell’articolo che si allega si tratta di una causa tra vicini per una costruzione realizzata violando la distanza legale.

Il danneggiato (attore) si rivolge al Tribunale e chiede che la costruzione sia demolita da chi la ha realizzata (convenuto).

In questa materia la procedura innanzi al Tribunale però prevede che prima di continuare nel processo, per ridurne tempi e costi, le parti avviino un tentativo di mediazione presso un istituto abilitato.

Il giudice assegnava, a chi aveva promosso la causa (attore), il termine di 15 giorni per avviare la procedura. L’avvocato per incuria, negligenza e superficialità, aspetta 4 mesi e il suo cliente perde la causa e viene condannato a pagare oltre 6 mila euro.

Morale: attenzione a promuovere cause, si sa dove si inizia e mai dove si finisce e le spese sono a volte superiori ai benefici sperati. Meglio un mediocre accordo transattivo subito di una causa vinta dopo anni.

Ricordatevi inoltre che la legge è uguale per tutti, ma i giudici che la applicano no.

Non sono neanche uguali gli avvocati.


Mediazione obbligatoria non avviata nel temine assegnato né prima del giudizio di merito: quali conseguenze?

Ancora una volta un tribunale affronta le conseguenze della mancata attivazione della procedura di mediazione obbligatoria e in particolare della natura, ordinatoria o perentoria, del termine assegnato dal giudice alle parti per presentare domanda all’istituto di mediazione.

La vicenda ha origine da una vertenza avente ad oggetto la violazione delle distanze legali: l’attore aveva chiesto la demolizione delle opere costruite in violazione delle distanze e chiedeva la riduzione in pristino dello stato dei luoghi e il risarcimento del danno. Su tale vertenza, ma con semplice pronuncia di rito, viene emessa sentenza dal Tribunale di Brescia la n. 1811 del 30/06/22.

La sentenza non entra nel merito della domanda dell’attore volta al ripristino dello stato di fatto e al risarcimento del danno in quanto affronta preliminarmente delle questioni dirimenti. Viene in particolare esaminata l’eccezione di improcedibilità della domanda per mancata attivazione della procedura di mediazione obbligatoria rientrando la materia, oggetto di vertenza, tra quelle per le quali tale procedura è condizione di procedibilità.

Eccezione di improcedibilità della domanda.

I convenuti eccepivano, nella comparsa di costituzione, oltre alla nullità della citazione per incompletezza dell’avviso di cui all’art. 163 n. 7 c.p.c., anche l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione e chiesto, in ogni caso, il rigetto nel merito.

Il giudice, con ordinanza del 1° ottobre 2021, nel respingere l’eccezione di nullità della citazione e, in applicazione dell’art. 5 comma 1-bis d.lgs. n. 28/2010, aveva assegnato alle parti termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. La domanda veniva però presentata dall’attore all’istituto di mediazione solo dopo circa 3 mesi dalla scadenza del termine indicato dal magistrato.

I convenuti a questo punto insistevano nella eccezione di improcedibilità della domanda attorea di rispristino per mancato adempimento nel termine assegnato dal giudice per l’avvio della procedura di mediazione.

L’effetto della mancata attivazione della procedura di mediazione, se è obbligatoria, comporta l’arresto del giudizio con una pronuncia di rito: il giudice non entra nel merito della domanda, ma ferma il processo rigettando la domanda e dichiarando la soccombenza.

Natura del termine assegnato dal giudice alle parti, per l’avvio della procedura di mediazione procedurale

Gli attori pur avendo violato il termine indicato dal giudice per la presentazione della domanda ritenevano che il termine loro assegnato fosse da intendersi solo ordinatorio e non perentorio. In intesi che la violazione del termine non comportasse il rigetto della domanda.

Nella sentenza si precisa che a prescindere dalla qualificazione del termine indicato dal giudice, occorre tenere conto di quanto disposto dall’art.154 c.p.c.: anche se tale termine fosse da intendersi ordinatorio e venisse lasciato inutilmente decorrere si producono gli stessi effetti di quello perentorio non avendone gli attori richiesto la proroga prima della scadenza.

L’altro argomento a supporto della improcedibilità del giudizio si poggia sull’obbligo di svolgere il primo incontro di mediazione entro la data in cui è fissata l’udienza da parte del giudice. In tale senso si richiama la sentenza della Cassazione n. 40035 del 14/12/21 che ritiene applicabile tale requisito, previsto per la mediazione delegata dal giudice, anche con riferimento alla mediazione obbligatoria.

Rigetto della domanda con pronuncia di rito e non di merito.

Nella esposizione dei fatti in sentenza veniva evidenziato che <<gli attori sono incorsi in due violazioni: del termine per la presentazione della domanda di mediazione e di quello entro il quale avrebbe dovuto tenersi il primo incontro di mediazione. Può dirsi con certezza, quindi, che la condizione di procedibilità sia definitivamente mancata e che il processo debba chiudersi con una pronuncia di rito>>.

La conclusione della vertenza non poteva che essere di dichiarazione di improcedibilità della domanda e di condanna degli attori alle spese processuali in quanto soccombenti essendo pacificamente acquisito la idoneità delle pronunce di rito a “generare fenomeni di soccombenza”. Conclude la sentenza dando atto che <<la soccombenza degli attori è ancora più evidente, atteso che gli stessi si sono opposti alla declaratoria di improcedibilità rendendo necessaria una specifica attività difensiva e decisionale sul punto>>.

Vincenzo Vecchio

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