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L’eliminazione delle barriere architettoniche in condominio

Più facile l’eliminazione delle barriere architettoniche in condominio con la legge 120/2020?

Era meglio tornare al 1989

Il tortuoso cammino legislativo per eliminare le barriere architettoniche in condominio, incominciato nel lontanissimo 1989, può annoverare una nuova tappa con la legge 120 del 11 settembre 2020. Per non perdere il filo di uno sviluppo –purtroppo- farraginoso e contraddittorio  anche su una questione di enorme impatto sociale converrà partire dall’inizio, la legge “madre” 13 del 1989 che, all’articolo 2 comma 1, prevedeva la possibilità per l’assemblea condominiale di approvare innovazioni dirette ad eliminare le barriere architettoniche, in prima o seconda convocazione, con le maggioranze dell’art. 1136 secondo e terzo comma.

Quindi era sufficiente la maggioranza ordinaria delle assemblee in seconda convocazione, facilmente raggiungibile rispetto alla maggioranza qualificata (art. 1136 quinto comma) richiesta per le approvazioni delle altre innovazioni, affinchè il condominio potesse dotarsi degli impianti e delle strutture che facilitassero la mobilità in ambito condominiale delle persone portatrici di handicap.

Una norma importante che finalmente allineava l’Italia al passo dei paesi più evoluti. Inopinatamente, per motivi che francamente non si riescono a comprendere ( a meno di volere “pensar male” e cioè che il legislatore del 2012 ignorasse la legge del 1989), la riforma del condominio (L. 220/2012) ha introdotto un quorum più elevato (art. 1136 secondo comma secondo cui sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio) per deliberare gli interventi finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche.

Un arretramento inconcepibile su una tematica che condiziona  la qualità della vita di centinaia di migliaia di persone . Una, seppure parziale e certamente insufficiente, “pezza” a questo smarrimento del legislatore, viene introdotta dalla legge 120/2020 che all’art. 10 comma 3 , modificando l’art. 2 comma 1 della legge 13 del 1989,recita “ Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in nessun caso di carattere voluttuario ai sensi dell’art. 1121 cc primo comma cc.

Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato di cui al quarto comma dell’art. 1120 cc”.  Da tale precisazione normativa consegue, una volta deliberata dall’assemblea un’opera finalizzata all’abbattimento delle barriere, l’obbligo per i dissenzienti di partecipare alla relativa spesa. 

La finalità” sociale” del nuovo intervento normativo è rimarcato anche dal primo capoverso dell’art. 10 comma 3 in cui si ribadisce quello che oramai è un dato acquisito da dottrina e giurisprudenza e cioè che “ ciascun partecipante alla comunione o al condominio può realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli articoli 2 della legge 9 gennaio 1989 n.13 e 119 del decreto legge 19 maggio 2020 n. 34 anche servendosi della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all’art. 1102 cc.”  E proprio in base all’art. 1102 cc  si ritiene legittima l’installazione dell’ascensore anche da parte di un solo gruppo di condomini ( o anche di un solo condomino) “ purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dell’impianto e in quelle di manutenzione dell’opera “ (Cass. 20902/2010).

In conclusione si può affermare che, se da un lato va apprezzata l’intenzione del legislatore di promuovere interventi virtuosi al fine supportare le persone fragili, dall’altro sarebbe stato opportuno per concretizzare meglio questa volontà, renderne più facile la realizzazione abbassando il quorum approvativo così come originariamente previsto dalla legge 13 del 1989.

Mario Fiamigi