Fondo patrimoniale
FONDO PATRIMONIALE
Avv.to Rosa Ghiradini
I coniugi, oppure ora anche i componenti dell’unione civile omosessuale, possono decidere di costituire un fondo patrimoniale, attraverso il quale determinati beni possono essere destinati a far fronte ai bisogni della famiglia, ciò significa che il fondo patrimoniale è un patrimonio destinato ad uno specifico scopo. (Art. 167 c.c.). Anche un terzo può costituire un fondo patrimoniale con tale destinazione, sia per atto tra vivi che per testamento.
Possono essere compresi nel fondo solo beni immobili, beni mobili registrati, titoli di credito.
Conferire beni in fondo patrimoniale significa apporre sui beni stessi un vincolo di destinazione ai bisogni della famiglia, senza che sia necessario un trasferimento di proprietà. Di conseguenza, il conferimento può avvenire in due modi, la proprietà del bene conferito va ad entrambi i coniugi, in alternativa, ciascun coniuge può restare proprietario esclusivo del bene conferito.
La costituzione del fondo si effettua mediante atto pubblico a cui partecipano i coniugi ed eventualmente il terzo che conferisce il bene. In quest’ultimo caso la costituzione del fondo si perfeziona solo con l’accettazione di entrambi i coniugi.
Per quanto riguarda la pubblicità della convenzione, questa deve essere annotata a margine dell’atto di matrimonio e trascritta nei registri immobiliari e dei beni mobili soggetti a registrazione.
La mancanza dell’annotazione comporta il venir meno dell’opponibilità del fondo ai creditori. A loro volta i creditori hanno l’onere di accertare l’esistenza di una convenzione, consultando sia i registri dello stato civile sia i registri immobiliari.
I beni del fondo sono in comproprietà di entrambi i coniugi che ne hanno la gestione, regolata dalle norme in tema di comunione legale. I frutti devono essere destinati ai bisogni della famiglia.
I beni del fondo, inoltre, non possono essere alienati, ipotecati o dati in pegno se non con il consenso dell’altro coniuge, a meno che tale facoltà non sia stata espressamente prevista.
L’amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata dalle norme relative all’amministrazione della comunione legale. In particolare, per poter validamente alienare o disporre dei beni del fondo, occorre distinguere due ipotesi, se non vi sono figli minori, occorre il consenso di entrambi i coniugi, se vi sono figli minori, oltre al consenso dei coniugi occorre anche l’autorizzazione del giudice (art. 169 c.c.).
Il fondo patrimoniale è un patrimonio separato da quello personale dei coniugi, in quanto destinato esclusivamente alla soddisfazione di obbligazioni strettamente collegate alla loro finalità ed alla garanzia di specifici creditori. Infatti, i beni ed i frutti compresi nel fondo possono essere aggrediti solo dai creditori della famiglia: ciò significa che, qualora il creditore sappia che il debito non ha nulla a che vedere con i bisogni della famiglia, non potrà soddisfarsi sui beni del fondo.
I redditi derivanti dai beni costituenti il fondo patrimoniale sono imputati, per metà del loro ammontare netto, a ciascun coniuge e la gestione dei beni del fondo patrimoniale non può avvenire in maniera arbitraria, poiché, anche nel caso in cui manchino i figli minori, deve sempre essere rispettata la destinazione funzionale dei beni al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Di conseguenza, qualora si costituisse ipoteca su un bene del fondo per scopi estranei ai bisogni della famiglia o si alienasse un bene del fondo in assenza del presupposto dell’utilità o necessità evidente della famiglia ecc., ne seguirebbe o l’esclusione dall’amministrazione con possibilità, per qualsiasi interessato, di rivolgersi al giudice perché detti norme per l’amministrazione del fondo o l’obbligo di reintegrazione del patrimonio.
Allora, ben si evince che il rispetto di tali limiti consente di rafforzare il concetto del fondo come un patrimonio separato, con vincolo di destinazione e limitazione dei poteri dispositivi dei costituenti in modo da soddisfare i bisogni della famiglia e garantirne la sua stabilità economica.
Questa distinta massa patrimoniale viene pertanto sottratta all’azione esecutiva dei creditori generali e potrà essere aggredita esclusivamente dai “creditori particolari”, cioè da quei creditori le cui ragioni di credito sono strettamente collegate allo scopo medesimo e all’utilizzazione dei beni costituenti il patrimonio dedicato.
Ne consegue una chiara deroga al principio generale della responsabilità patrimoniale sancito dall’art. 2740 c.c., per cui il debitore risponde nell’adempimento della prestazione dovuta con tutti i suoi beni presenti e futuri anche se lo stesso comma 2 dell’articolo de quo precisa che vi possano essere forme di limitazione di responsabilità.
Orbene nell’istituto in esame, proprio in virtù di specifiche disposizioni legislative, i creditori generali potranno far valere le proprie pretese su tutti i beni del debitore esclusi quelli oggetto del patrimonio separato. Quest’ultimi, infatti, saranno protetti da un vincolo di destinazione che li rende necessariamente aggredibili soltanto, come sottolineato, dai creditori che vantino speciali ragioni di credito e sappiano essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
In particolare, nell’interpretare la nozione di “bisogni della famiglia“, la costante giurisprudenza ha accolto un’interpretazione ampia di essa, tale da contemplare non solo quanto indispensabile alla vita della famiglia, bensì anche le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi.
Il criterio identificativo dei crediti, dunque, non consisterebbe “nella natura delle obbligazioni”, ma – come rilevato più volte dalla giurisprudenza– nella relazione esistente tra il fatto che le genera e i bisogni familiari. Per la Cassazione, allora, si riterranno contratti per esigenze familiari, sia i debiti tributari per esercizio di attività imprenditoriale tesa a potenziare la capacità lavorativa di uno dei conferenti (3738/15) o per attività d’impresa (23876/15), sia gli oneri condominiali per un bene conferito al fondo (23163/14). Ed ecco, che l’accertamento relativo alla riconducibilità dei debiti alle esigenze della famiglia costituisce un accertamento istituzionale rimesso al giudice di merito (Cass. 11683/01, 12730/07).
Il fondo patrimoniale è opponibile al fisco? Lo è solo nei limiti in cui:
- il debito fiscale derivi da fonti/operazioni finalizzate alla soddisfazione di bisogni estranei all’ambito del soddisfacimento della famiglia;
- il contribuenti provi (oltre che la regolarità della costituzione del fondo anche) il connotato dell’estraneità di cui sopra;
- tale estraneità sia, infine, conosciuta (o conoscibile) da parte dell’erario.
Il fondo patrimoniale è o meno opponibile al creditore fiscale in relazione alle circostanze cui si riferisce.
L’ipoteca può essere iscritta su beni conferiti in un fondo patrimoniale, anche per debiti di natura tributaria, ma a condizione che essi siano inerenti ai bisogni della famiglia
AZIONE REVOCATORIA
I creditori possono rendere il fondo inefficace nei propri confronti esperendo la cosiddetta azione revocatoria, con la quale al giudice viene chiesto di accertare e dichiarare che la costituzione è avvenuta esclusivamente per frodarli.
Il termine per esperire tale rimedio è di cinque anni dall’annotazione nell’atto di matrimonio e, per poter vincere il relativo giudizio, è indispensabile che il creditore dimostri che il patrimonio residuo del debitore, non ricompreso nel fondo, non riesce a soddisfare le sue ragioni.
Fino a un anno dalla costituzione del fondo, in ogni caso, lo stesso è automaticamente inefficace rispetto alle ragioni dei creditori, che possono pignorare i beni in esso ricompresi senza dover ottenere una preventiva autorizzazione del giudice.
È controverso se sia necessario proporre l’azione revocatoria nei confronti di entrambi i coniugi ovvero solo del debitore: facendo leva sul rilievo per cui in considerazione della natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo e della conseguente necessità che la sentenza di revoca faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il vincolo è stato costituito, la Cassazione ha affermato che sono litisconsorti necessari entrambi i coniugi (Cass., 13 luglio 2006, n. 15917, in Fam. Pers. Succ., 2006, 942; Cass., 17 marzo 2004, n. 5402). In una precedente occasione la stessa Cassazione aveva invece affermato (Cass., 31 maggio 2005, n. 11582) che il coniuge non debitore non è litisconsorte necessario passivo dell’azione revocatoria, ancorché egli fosse parte dell’atto costitutivo del fondo, in quanto l’azione revocatoria può incidere soltanto sulla posizione soggettiva del coniuge debitore.
Sono invece estranei al giudizio i figli (Cass., 17 marzo 2004, n. 5402, cit.).
L’effetto del fondo patrimoniale cessa quando si estingue il vincolo coniugale (art. 171 c.c.). Se vi sono figli minori, il vincolo del fondo rimane fino a che questi non abbiano raggiunto la maggiore età. In questo caso il Tribunale potrà affidare l’amministrazione dei beni del fondo al genitore affidatario o a un terzo, oppure assegnare in proprietà o in godimento direttamente ai figli una quota dei beni.
Si discute se sia ammissibile lo scioglimento consensuale del fondo patrimoniale, poiché le cause di scioglimento sarebbero tassativamente individuate dal legislatore in quelle che portano al dissolvimento del matrimonio.
La recente Cassazione n. 17811/2014 è intervenuta a dirimere un contrasto che si era creato sia in dottrina che tra i tribunali di merito.
La Corte ha precisato che le cause di scioglimento di cui all’art. 171 non possono considerarsi tassative e pertanto, in mancanza di figli, lo scioglimento del fondo patrimoniale può intervenire anche sulla base del solo consenso dei coniugi.
In presenza di figli, invece, non è ammesso lo scioglimento consensuale da parte dei soli coniugi. L’istituzione del fondo patrimoniale determina un vincolo di destinazione per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, tra cui vanno ricompresi anche i figli minori che sono i componenti deboli della famiglia.
Conseguentemente, avendo interesse alla conservazione della consistenza patrimoniale del Fondo, per lo scioglimento è necessario il consenso dei figli minori, rappresentati da un curatore speciale autorizzato dal Tribunale, che tuteli la loro posizione nell’ipotetico conflitto di interesse derivante dalla disposizione sui beni del fondo.
La disciplina è estendibile anche ai figli nascituri.