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No all’aumento della cedolare secca sui canoni concordati

No dell’APPC al palesato aumento della cedolare secca sui canoni concordati !!

Gli uffici finanziari messi sotto assedio dall’Appc

Sui canoni concordati, il governo Conte al lavoro per servire al cittadino, insieme a molto altro, l’aumento della cedolare secca al 12,5 per cento, rispetto all’attuale 10: siamo alle solite! Per esigenze di bilancio, o meglio per fare cassa, il Governo intende aumentare la tassazione su questo canale, e, ancora una volta, a pagare sarà l’anello più debole del pianeta casa: è quanto l’Appc, Associazione piccoli proprietari case, organizzazione storica della proprietà, tra le più rappresentative, denuncia con preoccupazione.

E quel taglio degli sprechi dal quale si potrebbero generare risorse, se non per tagliare le tasse, almeno per mantenerne il peso, rimane sempre marginale!

Vale la pena rilevare quanto non sia stato considerato che l’affitto “concordato”,  abbia costituito e costituisca uno strumento calmierante in campo locativo, contribuendo a risolvere molte emergenze legate alla casa con l’immettere sul mercato della locazione un numero considerevole di immobili tenuti prima sfitti, esercitando anche quella leva sociale che ha contribuito a disinnescare il disagio abitativo, visto che i soggetti, che si rivolgono a questo canale, non hanno risorse economiche sufficienti per poter accedere agli affitti a canone libero. Anzi, questa tipologia di contratto ha consentito alle fasce più deboli il reperimento di una casa, laddove le istituzioni non vi hanno potuto fare fronte, a causa della carenza, o dell’indisponibilità di immobili di edilizia popolare e di edilizia convenzionata, che non sono più sufficienti alle esigenze delle famiglie, che richiedono un alloggio in affitto.

Da non sottovalutare anche che, qualora il canale perdesse competitività, si potrebbe avere l’instaurarsi del dominio dell’opzione turistica, laddove possibile, nei confronti del residenziale, o ancora peggio l’immobile potrebbe essere lasciato sfitto, ed il reperimento di una casa diventerebbe sempre più difficile e complicato.

Infine è da rilevare, come, il contratto “concordato” abbia, nella sua peculiarità, tra l’altro, concorso alla diminuzione degli sfratti per finita locazione e per morosità.

L’aumento potrebbe contribuire a fare diventare, di nuovo, esplosiva la condizione del disagio abitativo, riportandoci agli anni duemila: è questo che il governo Conte, famelico di risorse, vuole arrivare a fare ?!

La casa, bene fra i più attenzionati e gettonati per i prelievi, verrà colpita anche sui trasferimenti immobiliari con l’imposta ipotecaria e catastale che passa da 50 a 150 euro.

I piccoli proprietari, alle prese con uno Stato sempre più patrigno, che per ogni esigenza rivolge la sua particolare pesante attenzione al mattone, arcistufi delle solite lagnanze, decidono di mobilitarsi e di scendere sulle barricate, vogliono  mettere in atto la loro protesta alla quale ci si augura aderiscano alche le altre organizzazioni della proprietà e dell’inquilinato, costringendo all’ascolto, attraverso i suoi funzionari, uno Stato che è sempre più sordo e distaccato,  intasando almeno una volta la settimana in giorni diversi gli uffici finanziari, sparsi sul territorio nazionale e lo Stato ( alias i funzionari per esso) sentirà, ascolterà, o dovrà ascoltare  la loro voce.

Visto poi che la casa continua ad essere lo sportello preferenziale, a cui tutti i governi fanno riferimento per i loro prelievi, l’Appc, esausta, intende passare all’attacco affossando quei flussi elettorali che continuano a demonizzare il pianeta casa e proporrà, ai propri associati, quei nuovi scenari politici che mettono, o sapranno mettere il mattone al centro dello sviluppo sociale ed economico.

dott. Flavio Maccione

segretario generale Appc

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